Riformulare le credenze. Una strategia per situazioni impossibili.

Qualche tempo fa, mentre conducevo un seminario sulla comunicazione, un’insegnante prese la parola e, parlando del proprio gruppo-classe, si espresse in questi termini: «Con alcuni allievi si riesce a superare le difficoltà e a instaurare un buon rapporto, ma con altri c’è un muro che sembra impossibile da abbattere». Non aveva dubbi che le cose stessero così.

Quindi la percezione del proprio gruppo-classe era condizionata dalla credenza che gli alunni si possano suddividere in due categorie: quelli con cui è possibile instaurare un rapporto positivo e quelli con cui non è affatto possibile. (1)

Questa convinzione metteva l’insegnante in una posizione di stallo tutte le volte in cui pensava di trovarsi di fronte a un allievo con il quale riteneva “impossibile” entrare in rapporto.

Chiedo ora a chi legge di seguirmi in un’analisi dettagliata di questa credenza generale. L’intenzione è quella di identificare una serie di convinzioni, comprese nella credenza generale (1), e riformularle a una a una in modo da poter uscire dalla posizione di stallo.

L’allievo oggetto di questa analisi è quello con il quale l’insegnante, dopo ripetuti tentativi, giudica impossibile instaurare un rapporto costruttivo. L’insegnante in questione percepisce un “muro” invisibile che li separa.

Le convinzioni di partenza saranno scritte in corsivo, quelle riformulate saranno scritte in blu, per porle in evidenza. A ogni convinzione di partenza seguirà una breve argomentazione a sostegno della relativa riformulazione.

 

                        –  Credere che non sarà mai possibile demolire questo muro rende vano qualsiasi ulteriore tentativo. Inoltre, non è logico dare per certa una previsione del futuro, soprattutto in questo campo. La riformulazione di questa credenza potrebbe essere: 
la situazione di stallo relazionale presenta serie difficoltà, lo dimostra il fatto che fino a questo momento i tentativi effettuati non hanno dato frutto. Tuttavia la possibilità di superare questa situazione esiste realmente.

                        –  Credere che prima o dopo il muro cadrà da solo crea ansia perché non dà alcun controllo sulla situazione e ci mette nelle condizioni di aspettare all’infinito come nell’opera teatrale Aspettando Godot. Sarà più produttivo, invece, credere che: 
l’insegnante può mobilitarsi e assumere un atteggiamento attivo.

                        –  Credere che l’insegnante non sia in grado di affrontare situazioni difficili è frustrante e facilita sentimenti di impotenza; è più positivo riprendere il contatto con le proprie potenzialità e pensare che: l’insegnante può affrontare situazioni difficili.

                        –  Credere che si arriverà al punto in cui le soluzioni tentate saranno tutte le soluzioni possibili è limitante e prima o poi bloccherà la situazione mentre, per evitare che il campo delle possibilità si chiuda, è più proficuo credere che: 
è sempre possibile un ulteriore tentativo.

                        –  Credere che i sentimenti dell’insegnante non entrino nel gioco della comunicazione è un errore, mentre è corretto credere che: 
i sentimenti dell’insegnante non solo entrano nella dinamica relazionale, ma sono anche l’aspetto rilevante della relazione stessa.

                        –  Credere che i comportamenti dell’allievo siano completamente oscuri e che non sia possibile farsi un’idea del "come mai" reagisca con quella determinata modalità è carenza di immaginazione e non ci permette di formulare ipotesi né di intervenire coscientemente per verificarle. Ci consente di gestire la situazione credere che: 
è sempre possibile formulare un’ipotesi coerente sul modo di fare dell’allievo.

                        –  Credere che si sia soli ad affrontare questo problema non è realistico, perché esistono quasi sempre altre persone importanti per l’allievo con le quali è possibile affrontare insieme il problema: genitori, altri parenti o adulti di riferimento, altri insegnanti, operatori sociosanitari e anche quei compagni da cui l’allievo è attratto. Questa credenza si basa anche sulla sfiducia nella nostra capacità di comunicare con queste persone e di coinvolgerle in un intervento educativo. È meglio avere fiducia in noi stessi e credere che: lavorare insieme agli altri è più produttivo e noi ne siamo capaci.

                        –  Credere che questo “muro” rappresenti un dispetto nei confronti dell’insegnante e sia frutto di cattiveria, non rende onore alla persona dell’allievo, lo mette in cattiva luce ed è indice di insicurezza da parte dell’insegnante che, con questa credenza, mostra di preoccuparsi solo del proprio disagio. È indice di considerazione verso la persona dell’allievo credere che: 
questo “muro” rappresenta semplicemente una maniera di fuggire dal rapporto con l’insegnante.

                        –  Credere che l’allievo desideri fuggire dal rapporto con l’insegnante è come credere che all’allievo piaccia restare solo con se stesso, pur avendo la possibilità di avere un appoggio da un adulto per lui importante. Ma questo non è vero; infatti può succedere che se proviamo a non curarci di lui, l’allievo sia scontento e richiami la nostra attenzione. È molto più realistico credere che:l’allievo desidera entrare in rapporto con l’insegnante, ma, per il momento, non è in grado di farlo.

                        –  Credere che l’allievo non sarà mai capace di entrare in rapporto con l’insegnante trasforma l’insegnante in un giudice che condanna l’allievo a rimanere per sempre senza il suo appoggio di adulto. Per evitare questa drastica presa di posizione è necessario credere che:
 è sempre possibile per un allievo imparare a entrare in un rapporto costruttivo con l’insegnante.

 

Con questa riformulazione delle credenze l’insegnante non ha risolto il suo problema con quell’allievo: il ‘muro’ è ancora lì. Tuttavia, le nuove premesse gli consentono di non rimanere bloccato e aprono la strada al cambiamento.